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giovedì 30 marzo 2017

IL NOME

SETTIMO RACCONTO DEL CONCORSO SMARTWRITING 
Partecipa anche tu con un racconto o come giuria, TI VA????
RISPONDI QUI A FIANCO 




mercoledì 29 marzo 2017

CORSI DI POESIA

La casa editrice Tempo al Libro organizza per il mese di aprile 2017 un ciclo di incontri condotti da Mauro Gurioli, finalizzati alla creazione e al perfezionamento di testi poetici e narrativi. Gli incontri si tengono in Piazza Carducci 6 a Brisighella dalle 21 alle 22.30; la quota di iscrizione (iva compresa) è di 16 euro a serata, con un numero massimo di 10 partecipanti. È possibile iscriversi a uno o più incontri, fino a esaurimento posti, in base alle preferenze individuali. Di seguito il programma completo.
Giovedì 6 aprile: L’ISPIRAZIONE POETICA - Idee e spunti per creare poesie.

Venerdì 7 aprile: PUNTEGGIATURA CLASSICA E CREATIVA - Storia, funzioni, esercizi pratici.

Lunedì 10 aprile: ANAFORA E RIPETIZIONE - Il sottile confine tra funzionalità e inutilità.

Giovedì 20 aprile: IL SONETTO E L’HAIKU - Suggestioni poetiche tra metrica e libertà.

Venerdì 21 aprile: ESERCIZI DI STILE - Giocare per crescere… con le parole.

Giovedì 27 aprile: ESERCIZI DI STILE IN POESIA - Giochi linguistici per perfezionare lo stile poetico.

Per informazioni e iscrizioni: info@tempoallibro.it, 347 2567067.


martedì 28 marzo 2017

IL PROFUMO DELLA SCRITTURA

GRAZIE MILLE, 
PATRIZIA FINUCCI GALLO e al tuo fantastico sito che invito tutti a visitare.

http://www.pfgstyle.com/

Milano, 28 marzo 2017 - Che profumo ha la scrittura? Cosa scatta nel cuore, nella testa e nel naso come nei ricordi e nella proiezione del futuro di scrittrici e scrittori? Quando si mettono davanti al computer o alla pagina bianca di un quaderno cosa sentono nell'aria? C'è chi come la saggista Mariateresa Venturo ha sempre intorno odore di Babette, la sua adorata cagnolina, che sta sempre vicina quando scrive, e “odora di batuffolo ispido mescolato all'erba del prato e alla coperta del divano”. Oppure per la drammaturga Irma Immacolata Palazzo che pensa al profumo d'estate e ad un'essenza che sa di patchiuli, mentre per Marina Di Guardo, scrittrice di noir e mamma di Chiara Ferragni, l'odore della scrittura per lei è quello di una grande città, profumi conturbanti e fetori di vario tipo “a ricordare che il mondo degli umani non è un mondo da favola ma infestato da devastante disumanità. Non a caso scrivo thriller...”. Non mancano i profumi dell'infanzia come quelli che popolano la fantasia di Lorenzo Bosi, scrittore di libri per ragazzi, che sogna il profumo di una cascata di montagna che si getta in un bosco di conifere ma anche di biscotti e cioccolato, “ottima merenda per chi ha l'età dei miei lettori”.
Storie di persone e di emozioni in essenza che popolano il libro di Patrizia Finucci Gallo, “Che profumo ha la tua scrittura”, edito da Nobile 1942 e presentato di recente a Milano nell'ambito di Esxence, il salone della profumeria di nicchia, che comprende i racconti personali di 10 autori che parlano di sé e del mestiere di scrivere, con riti e ritmi codificati e, anchem, profumati.
Il libro di Patrizia Finucci Gallo è un viaggio in tanti mondi, spesso sconosciuti e curiosi, nella vita professionale e privata di chi ha fatto dello scrivere il proprio mestiere. Il volume introduce e spiega come nasce il sentimento dell'olfatto, che non è solo un senso. La presentazione ha svelato poi la nuova profumazione creata da Nobile 1942 e battezzata “1001” come le favole de Le mille e una notte”, lanciata proprio al The Mall a Milano per Esxence: un profumo di papiro, rosa e curcuma, note principali che portano indietro nel tempo, essense millenarie che hanno sempre ispirato gli scrittori e i sognatori, e ora ingredienti base di questo profumo letterario. Memorie olfattive che hanno per note di testa Bergamotto, Tè Rosso, Ginger Fresh, Elemi e Pe Rosa, come note di cuore Fior di Papiro, Essenza di Rosa Turca, Assoluto di Gelsomino Grandiflorum, Iris, Zafferano, Assoluto di Curcuma, e come note di coda Patchouli, Legno di Sandalo, Ambra, Vaniglia e Musk. Tutte note che vengono trattate da Nobile 1942 nei suoi laboratori e poi distributi come per “1001” in un circuito di vendita nazionale ed internazionale limitato e prestigioso.
 Una goccia di questo profumo di scrittura potrà farci ripensare alle pagine di Marguerite Duras che mentre scriveva sempre cucinava, a quelle di Simone de Beauvoir seduta silente al Cafè Flore tra le sue carte che odoravano di ciclostile e ribellione, alla frenesia sexy di Anais Nin impegnata nei match sul divano con Henry Miller.

domenica 26 marzo 2017

CARAMELLE

Siamo giunti al sesto racconto del concorso SMART WRITING.... potete partecipare con un racconto. VI ANDREBBE DI ESSERE PARTE DELLA GIURIA? RISPONDETE ALLA DOMANDA QUI A FIANCO
per informazioni murodilibri@libero.it



Lo incontrai alla stazione dei treni di Faenza circa un anno fa.
Ero entrata per comprare due biglietti andata e ritorno per Venezia. Io e Giovanni saremmo partiti per una delle nostre gitarelle quel fine settimana e stavo facendo la fila allo sportello quando, con la coda dell’occhio, mi sembrò di vederlo.
Era strano che si trovasse lì. Viveva da dieci anni a Como e dalla morte di sua madre, a quel che ne sapevo, non veniva quasi più dalle nostre parti.
Mi voltai e mi accorsi che era proprio lui.
 Era un po’ più grosso dell’ultima volta che l’avevo visto, e mi colpirono le guance rosee e piene da ragazzino goloso che contrastavano con i capelli ormai tutti bianchi. Usciva dal bar con una borsa in spalla e teneva in mano un pacchetto di caramelle gommose.
Distolsi di scatto lo sguardo e cercai di nascondermi tra le altre persone ma ormai mi aveva visto e allora accennai un gesto di saluto e un sorriso mentre lui mi si avvicinava, facendo dondolare il pacchetto delle caramelle.
“Ciao” mi disse
“Ciao” gli risposi. E poi “Cosa ci fai qua?”
“Sono passato a trovare mia sorella e prendo di qui il treno per Roma. Sai, adesso con Italo in poco più di due ore da Bologna sei a Roma. Devo vedere un cliente, ho prenotato una stanza per una notte in piazza Barberini. Noi ci siamo stati a Roma insieme, vero?…”
“Certo che ci siamo stati” e avrei aggiunto come puoi avere il dubbio, è stato il nostro Viaggio.
“Si, si, hai ragione. Adesso mi sembra di ricordare di aver guardato con te la fontana del Tritone. Forse abbiamo fatto anche delle fotografie.”
“Si, infatti.” E nella mente mi si aprì l’immagine della piazza nella luce di un lontano pomeriggio d’inverno.
“ Ci torno  volentieri a Roma. Non è come Milano, che mi ha stancato. Dicono che questo Italo poi sia molto comodo e ci si può collegare a internet, arrivi che non te ne sei neanche accorto”
Era arrivato il mio turno allo sportello, mi sporsi verso l’impiegato, chiesi i biglietti e pagai. Intanto lui non accennava a salutarmi e ad andarsene. Se ne stava lì in piedi ad aspettarmi.
Lo guardai  mostrandogli i biglietti e dissi piano “Ecco fatto”. Diedi anche una sbirciata fuori, alla macchina in divieto di sosta.
Se ne uscì tranquillo con: “Ti viene in mente qualche posticino dove andare a mangiare, a Roma?”
“Non saprei” dissi “E’ tanto che non ci vado. Ricordo più o meno le strade di un paio di ristoranti ma non i nomi”
“Siccome paga la ditta, ho intenzione di trattarmi bene ma ad andare alla cieca si rischia di prendere una fregatura”
“Magari c’è un buon ristorante nell’hotel” e allungai di nuovo il collo per controllare la macchina ma lui sembrò non accorgersene e continuò a farfugliare sulla qualità dei ristoranti a Roma
“A che ora parte il tuo treno?” gli chiesi
“Sono arrivato in anticipo, ho ancora un quarto d’ora. Mi pare che andassimo anche a visitare il foro, quella volta.”
“ Eh, si.” Mi avevano fatto un’incredibile impressione le rovine del  foro romano al tramonto quella prima volta, non potevo certo essermene dimenticata. E mi rivedevo con il mio cappotto a scacchi nuovo e il mio latino ancora fresco di liceo aggirarmi felice tra quelle antiche pietre che avevo visto solo sui libri e tante volte immaginato.
“Sta bene tua sorella?” gli domandai
“Ma si, anche se da quando è morta mia mamma sembra più spenta. Litigavano sempre ma adesso…” e dopo una breve pausa “Non ha più nessuno con cui litigare”
Mi vennero in mente le tante discussioni a cui avevo assistito.
Guardai di nuovo verso la macchina e stavolta lui sembrò capire.
“A proposito, grazie per essere venuta al funerale, c’era anche tuo fratello”
“Ero affezionata a Giulia anche se non la vedevo quasi più. Mi è dispiaciuto veramente”
“Beh, comunque era malata da tanto tempo..”
Feci una smorfia non sapendo cosa dire e cominciai ad allontanarmi, salutandolo ed augurandogli buon viaggio.
Mi rispose con un “Ciao Silvia” e poi, avanzando di qualche passo verso l’uscita e alzando un po’ la voce  “Scusa, non ti ho chiesto se volevi una caramella”


 

venerdì 24 marzo 2017

A SESSANT'ANNI DAL TRATTATO DI ROMA

L'INGANNO 


Sul cielo terso, strappi d'oscurità.
Ferite profonde, minacciosi varchi,
colano al suolo, non sono parchi,
miasmi d'ossidiana tonalità.

OH fiore adorno d'arcana purezza,
il tuo nitore è presto velato
dai molti adepti di un dio spietato 
che linfa assorbe e cede in tristezza. 

La Venere Dionaea s'atteggia con tatto.
Sfoggia, generosa, la propria avvenenza 
ma, lo si sa, è solo parvenza 
pronta a predar chi ha l'occhio distratto. 

A falsar virgulti da grazioso orpello, 
insegna l'edera, la grande esperta 
ma poi destina a morte certa 
chi, in buona fede, le da il puntello. 

Il malaffare a guisa di tossina, agisce. 
"Uniamo i popoli", dicean in coro,
poi han sottratto le pentole d'oro 
e alla plebe, ingenua, l'arcobaleno svanisce. 


mercoledì 22 marzo 2017

L'OMBRA DEL GRANDE ALBERO


QUESTO È IL QUINTO RACCONTO IN GARA....  
Quelli che sono arrivati via posta tradizionale, proviamo ad inserirli tramite fotografie. Speriamo siano leggibili. NEL FRATTEMPO, CONTINUATE A RISPONDERE ALLA DOMANDA QUI A FIANCO. 
Vuoi partecipare col tuo racconto?




lunedì 20 marzo 2017

CONCORSO NAZIONALE DI POESIA "M.V. FABRONI"

                                                                                                           
        
REGOLAMENTO
1^ EDIZIONE CONCORSO DI POESIA
“MARIA VIRGINIA FABRONI”
Tema di questa edizione: “VITA CAMPESTRE”

1. Concorso di poesie inedite (per inedito si intende non essere stato pubblicato da nessun editore).

2. Sono ammesse al concorso poesie in lingua italiana, presentate da autori cittadini italiani e stranieri che abbiano compiuto il diciottesimo anno. Ogni autore potrà inviare un massimo di n. 3 poesie.

3. La modalità di partecipazione al concorso è gratuita.

4. Tutte le opere dovranno essere ispirate al tema “VITA CAMPESTRE ”.

5. Tutte le opere dovranno essere inviate entro il 31 MAGGIO 2017.

6. Il testo, senza firma e la scheda di partecipazione, corredata dei dati identificativi dell'autore (nome, cognome, età, professione, indirizzo, n. telefonico e mail), dovranno pervenire preferibilmente via email all’indirizzo premiomvfabroni@gmail.com (in formato testo sottoforma di: .doc, .pdf, .jpg, ecc..) o con spedizione postale o consegna diretta in numero copie UNO in busta chiusa, a Municipio di Tredozio – via Martiri, 1 – 47019 Tredozio (FC), citando in oggetto o nel frontespizio della busta il titolo “Concorso di poesia Maria Virginia Fabroni  2017”.

7. Le poesie presentate saranno valutate ad insindacabile giudizio da una giuria che sarà nominata dal sindaco con propria determinazione, dopo la scadenza di presentazione delle poesie e sarà composta dallo stesso Sindaco o suo delegato e da uomini e donne della cultura letteraria.  La composizione della giuria verrà resa nota, attraverso i canali ufficiali.

8. L’opera vincitrice verrà riprodotta su un apposito muro, indicato dall’amministrazione comunale; ai primi tre classificati saranno consegnati attestati con motivazione.      Tutte le poesie meritevoli verranno pubblicate su un volumetto celebrativo dell'edizione.

9. La premiazione avrà luogo a Tredozio in data da definirsi. Ai vincitori sarà data comunicazione telefonica. In caso di assenza, il vincitore ha facoltà di delegare un suo incaricato per presenziare all'evento.

10. Gli autori rimangono pienamente in possesso dei diritti relativi ai testi con cui intendono partecipare al concorso. Accettano, altresì, di concedere a titolo gratuito e senza nulla pretendere i diritti di esecuzione, riproduzione e pubblica diffusione delle opere presentate. Inoltre gli autori accettano di concedere a titolo gratuito e senza nulla pretendere i diritti di pubblicazione, distribuzione e vendita delle opere presentate, in realizzazione al volumetto celebrativo.

11. Per poter partecipare è necessaria l’autorizzazione al trattamento dei dati personali. Il/la partecipante è inoltre totalmente responsabile della veridicità dei dati comunicati, dell’autenticità e paternità dell’opera.

12. Le opere non verranno restituite e l’organizzazione declina ogni responsabilità in caso di smarrimento.

IL TERMINE PER L’INVIO E’ IL
31   maggio   2017

Per ulteriori informazioni  
premiomvfabroni@gmail.com


http://www.comune.tredozio.fc.it


domenica 19 marzo 2017

PER LA FESTA DEL PAPÀ - M.V. FABRONI


LA SIGARETTA

Siete pronti a giudicare i racconti del concorso SMART WRITING? RISPONDETE ALLA DOMANDA QUI A FIANCO 
murodilibri@libero.it



D’estate si poteva quasi percepire l’odore del mare. Avevamo appena finito di cenare e lei spalancava la finestra sulla terrazza e si metteva lì seduta, ad ascoltare la musica alla radio con in mano la sua sigaretta.
Indossava una semplice vestaglia di lino bianca, e mentre ne aspirava voracemente il fumo, non poteva fare a meno di lamentarsi del caldo torrido che non le permetteva di dormire la notte.
Con il braccio, sollevava i lunghi capelli rossi che le si erano incollati sul collo, in quei pochi attimi in cui un po’ d’aria soffiava.
“Oh, adesso finalmente si respira!” diceva lei con in mano la sua sigaretta.
Aveva l’aria stanca.
Milioni di volte le avevo chiesto di smettere di fumare, ma lei nulla, non voleva saperne.
“Ti fa male alla salute, e con tutti i soldi che ci spendi, potremmo andarcene in vacanza” le ripetevo costantemente.
Ma lei, incurante, mi rideva in faccia persino quando le dicevo che fumare l’avrebbe fatta invecchiare.
Non era come le altre donne del suo tempo. Lei non aveva i capelli curati, a malapena andava dal parrucchiere solo per un veloce taglio. Portava da sempre, la solita treccia di capelli biondi che le scendeva dritta sulla schiena. Non indossava mai abiti eleganti, si sentiva a suo agio con un jeans ed una maglietta.

Era tuttavia, il ritratto della donna contemporanea: una lavoratrice, una casalinga, una moglie ed una madre al tempo stesso.
Per me non era di fondamentale importanza che lei non fosse come le altre donne, o che la domenica in chiesa non mettesse l’abito più bello. Per me era importante farle capire che doveva smettere di fumare, non c’era nulla di femminile nel farlo.
Eppure in quelle sere d’estate, rimanevo ipnotizzato a guardarla fumare, mentre leggeva i suoi romanzi d’amore, forse per fuggire ad una realtà che le stava troppo stretta. E mentre sfogliava pagina dopo pagina, quasi vivesse quelle emozioni scritte sulla carta, si prendeva una ciocca di capelli e se la passava nervosamente tra le dita come ad attorcigliarla, in attesa di un’altra sigaretta.
Dopo cena non avevamo mai grandi dialoghi. Lei era davvero molto stanca.
Ed io ero la persona meno adatta con la quale parlare di certi argomenti. Forse avrebbe avuto bisogno di sfogarsi, di raccontare anche lei di cosa le passasse per la testa, ma aveva poco tempo e doveva anche prendersi cura della casa. Pertanto era fuori discussione disturbarla mentre usciva in terrazza, perché quello era il suo unico momento di serenità.
Ogni suo libro aveva l’angolo in alto a destra più gonfio, fu lei a spiegarmi che per non perdere il segno, ogni volta metteva una piega, in modo che potesse riprendere nella lettura, al punto in cui era rimasta. Nella mia mente pensai che ad ogni piega corrispondesse una sua pausa per accendersi una sigaretta.
Eppure odiavo vederla fumare. Lasciava un pessimo odore anche in casa, nonostante le finestre aperte, le urlavo spesso: “chiudi quella finestra! che con la corrente entra tutto il puzzo di fumo in casa!” e lei si alzava silenziosa dalla sedia in terrazza e socchiudeva le finestre, ma sempre con la sigaretta in bocca.
Cercavo in tutti i modi di farle capire che non volevo, che non doveva fumare.
Ma era tutto inutile.
A volte, quando cercavo fogli o ricevute, in alcuni scaffali trovavo addirittura diversi pacchetti di sigarette, come una sorta di provvista, per non rischiare di rimanerne senza.

Non so se in quei momenti ero più amareggiato o seccato da questo fatto, ma davvero non capivo, come mai quel bastoncino meritasse tutta la sua attenzione e non potesse farne a meno.
Poteva essere un bicchiere di vino e invece era un continuo accendi e spegni di sigarette. Molte delle quali nemmeno finite, fumate così, tanto per il gusto di tenerla in mano.
Eppure in estate lei era lì, sul balcone con il vento tra i capelli e la sigaretta tra le mani ascoltando Baglioni alla radio.
Un giorno mi trovai seduto in un bar, da solo, scrivendo di progetti universitari al computer. Ero a New York, ed entrato nello Starbucks di turno e siccome c’erano solo un paio di persone, decisi di fermarmi.
Presi in mano il mio caffè caldo, guardando con aria assente i passanti dalle vetrate. Poi di colpo rimasi colpito da una ragazza, piuttosto giovane, o al massimo mia coetanea, indossava un paio di jeans attillati ed una maglietta nera. Aveva il corpo lungo e l’aria molto stanca. Una lunga treccia di capelli fulvi le arrivava quasi a metà schiena.
Di colpo appoggiò a terra quello che poteva essere l’involucro del suo violoncello, forse era una studentessa di musica. Prese dalla tasca un pacchetto di sigarette e si appoggiò contro la vetrata per fumarsela, mentre tutto attorno le si muoveva avanti e indietro.
Sentì di colpo la mancanza di casa.
Corsi fuori e forse, in modo troppo irruento, le chiesi se potessi averne una. Lei molto cortesemente mi porse una sigaretta.
A pochi passi da lei, la accesi. Fu un respiro molto intenso, e sentì il rumore del tabacco mentre bruciava. Provai anche io un momento di completa serenità, come quelli di mia madre con la sua sigaretta.








giovedì 16 marzo 2017

PER LA MORTE DI ROSSINI - M.V. FABRONI


Con la classe sopraffina che la contraddistinse sempre e che la rese famosa in tutta Italia, Maria Virginia Fabroni ci offre i sofferti versi che vergò tre giorni dopo la scomparsa del celebre compositore Gioachino Rossini, avvenuta il 13 novembre 1868. 
La poetessa ne elogia la maestria. Oltre a comporre poesie, MVF era pure un'eccellente pianista e amava suonare le opere di Rossini.
Scrive chiaramente che questa morte è una perdita e un lutto per l'Italia intera...e come darle torto? 




mercoledì 15 marzo 2017

IL RAGAZZO CHE DIVENTÒ AMICO DEI LIBRI

Terzo racconto del concorso SMART WRITING.... Mi raccomando, continuate a rispondere alla domanda qui a fianco. VI VOGLIAMO IN GIURIA!!!!!! 



Come ogni giorno, alle sette spaccate, il custode prese la saracinesca e la tirò verso il basso con forza. Dopo aver chiuso il lucchetto con la grossa chiave arrugginita, si voltò e si allontanò controllando il telefono. All’interno della biblioteca, una voce imprecava e urlava. ‘Non posso crederci! Stavolta Carlo me la paga!’ Carlo, in realtà, non era che un pensionato con un apparecchio acustico mal funzionante che si prendeva la responsabilità di chiudere, ogni giorno, la biblioteca del paese. Il bibliotecario, pigro com’era, aveva addirittura insistito per trovare un volontario che, appunto, controllasse che nessuno fosse rimasto all’interno e poi avrebbe dovuto chiudere. E l’unico ‘fesso’ che c’era cascato era stato il vecchio Carlo. Peccato che non ci sentisse e, soprattutto d’estate, non era particolarmente attento. “ È tutta colpa tua!”  gridò Paolo, rivolto verso una ragazza dall’espressione serena, tranquillamente seduta a terra con la schiena appoggiata al fianco di uno dei tanti scaffali. Non rispose. “Colpa tua e di quel vecchietto … e ci vado di mezzo io!” si lagnò il dodicenne, camminando frettolosamente avanti e indietro, gesticolando. Laura si degnò di parlare: “Guarda che sono bloccata anch’io.”
 Paolo si girò di scatto con uno sguardo di fuoco.
 “Ma la colpa è …”                                                                                                                    
 "Mia! Sì, lo so. Ti vuoi calmare?”                                                                                      
Finalmente Paolo sospirò e si lasciò cadere a sedere a fianco della coetanea. Era stata una pessima idea trattenersi fino all’orario di chiusura della biblioteca! E i loro genitori non sospettavano niente, perché purtroppo quella sera sia Laura che Paolo avrebbero dovuto dormire da un loro amico! Almeno i due avevano i cellulari per chiamare a casa?
Certo che no.                                                             
 “Per fortuna un quarto d’ora fa ci siamo abbuffati al bar!” osò commentare sorridendo Laura. Era sempre così: sorridente, ottimista e calma. Poteva ritrovarsi nel cratere di un vulcano attivo e continuare a sorridere e trovare un aspetto buono, tipo: “Wow, non avevo mai visto un vulcano dall’interno!”  Invece Paolo era tutto il contrario. Trovava sempre gli aspetti brutti, i difetti nascosti. Era un perfezionista e pessimista. Se una cosa non era esattamente come s’intendeva lui, non esisteva neppure. Ora, vi chiederete, come facevano questi due ‘alieni’ ad essere amici? Ovviamente con i soliti fattori: conoscenza sin dall’infanzia e stessa classe. Ma c’era una cosa che li differenziava più di ogni altra: Laura era una lettrice accanita, Paolo invece solo a sentir parlare di libri alzava gli occhi al cielo. Laura aveva provato innumerevoli volte a trasmettere la passione della lettura all’amico, ma niente: quel testardo rimaneva ben fermo sulla sua posizione. Per questo, la ragazza aveva un motivo in più per essere felice di rimanere chiusa in biblioteca con Paolo per dodici ore.
“Almeno hai qualcosa da mangiare?” sospirò lui, guardando la compagna con un’espressione speranzosa.                                                                                                
“Meno male che ti conosco meglio di tua madre” rise Laura, estraendo dalla borsetta quattro cioccolatini, una stecca di cioccolato e un pacchetto di cracker. “Siamo entrambi due che riescono a non mangiare per quattro ore. Dovremo cercare di non sprecare le provviste. Orologio?”
Paolo annuì e le mostrò il nuovo modello che portava al polso.
“Sei fortunata! L’ho comprato l’altro giorno, con timer”, annunciò fiero. Poi si batté una mano sulla fronte, mugolando. “Che stupido! A casa avevo quello anche con le chiamate e il GPS, mia mamma ha insistito che lo portassi in prima media, perché andavamo a piedi a scuola e tornavamo. Con quello poteva vedere dov'ero                                                                                                                               
“Ehi, chi lo sapeva che saremmo rimasti bloccati qui?” cercò di consolarlo Laura, con scarsi risultati. I due amici impostarono il timer sulle nove per la “cena”. Poi rimasero in silenzio. Laura cercava disperatamente qualcosa di buono da trovare in quella situazione. “Dai, per l’acqua c’è quella del lavandino della toilette, e non rischieremo di finirla! E … questa potrebbe essere un’occasione per avvicinarti ai libri!” Avrebbe fatto meglio a non dirlo: Paolo la gelò con lo sguardo. “Non ho la minima intenzione di aprire un solo libro in dodici ore, sia ben chiaro!” ribatté, serrando la mascella. “Come vuoi … “ ridacchiò Laura, alzandosi. Si diresse verso la sezione ragazzi.    
Un’ora dopo …                                                                                                                      
 “Laura! Laura! Ma dove diavolo ti sei cacciata?!”                                                          
 Paolo digrignò i denti. Erano dieci minuti che si sgolava chiamando l’amica, che pareva essersi volatilizzata! Stava veramente per rompere una finestra e andarsene, quando sentì una voce allegra cinguettare: “ Paaoloo! Sono quiii!”      
Il ragazzo si diresse a grandi falcate verso “l’Angolo delle Vetrate”, come lo chiamava Laura. Proveniva da lì la voce. Per un attimo il dodicenne pensò che la sua amica avesse provato ad attirare l’attenzione di qualcuno, ma subito dopo ricordò che anche le vetrate erano coperte dalla saracinesca. Sbirciò da dietro una libreria e vide la compagna di classe che … “Ma che hai combinato?!” gridò scioccato Paolo. Laura era circondata da alcune pile ordinate e in perfetto equilibrio di libri. “Sono tutti romanzi che ti potrebbero piacere!” esclamò la ragazza. Dopodiché, prese con cautela una pila di volumi fra le mani e la spostò accanto a un divanetto. “Ecco quelli che potrebbero andarti a genio! ‘I pirati di Mompracem’, ‘I ragazzi della via Pàl’, ‘Il Corsaro Nero’ …” Paolo interruppe la sfilza di classici nominati. “Stai scherzando spero!” sbuffò “Sono tutti dei mattoni barbosi, pesanti e lunghi!” Laura lo prese in giro “Be’, in realtà non si chiamano mattoni, ma libri, una parola sconosciuta e aliena! Comunque, anche se sono dei veri capolavori, c’è “Harry Potter”, tutta la saga. Tornando un po’ al classico, scommetto che adorerai “Sherlock Holmes” … Paolo rise. “Neanche morto!” Ma la ragazza non si diede per vinto. “Okay, allora …”                                  
“Laura!”  L’interpellata lasciò cadere il decimo libro che gli stava porgendo e ammutolì.                   
 “Non ho nessuna voglia di leggere, o meglio torturare i miei occhi con volumi da ottocento pagine e passa!”                                                                                              
Silenzio.
“Va bene, sai che ti dico?” sbottò Laura “Uno: mi arrendo! Sei solo un ignorante che non capisce nulla! Ma va bene lo stesso! Poi rimpiangerai di non aver mai capito l’importanza dei libri! E DUE: con ottocento pagine e passa … c’è “Il Signore degli Anelli” di Tolkien!”
Si voltò furente. Non passarono due secondi che entrambi scoppiarono a ridere. Paolo si scusò. Subito dopo, però, si illuminò come una lampadina. “Mi è venuta un’idea!” strillò, correndo verso il bagno, seguito dall’amica. La quale non gli fece domande. Piuttosto, lo osservò attenta. Il ragazzo si arrampicò, sostenuto da lei, fino alla finestra.
“Non ci credo!”                                                                                                                          L’espressione allegra di poco prima si trasformò in rabbia. Paolo saltò a terra con gli occhi lucidi. “È chiusa!” strillò, con quanta voce aveva in gola. Cadde a sedere, nascondendosi il viso tra le mani. “Non resisterò mai altre dieci ore e mezza!” A quel punto, accadde una cosa davvero strana: invece di vedere un lato positivo come al suo solito, Laura circondò le spalle del coetaneo e stette zitta. Quello, stupito, la guardò sorridendo. “Sono stato un idiota prima.” La ragazza non intervenne. “Sai che ti dico? Consigliami un libro. Classico o no, non importa! Laura?” Lei sospirò “Ti ricordi alle elementari?” Paolo annuì. “Tutti mi consideravano un’aliena. Una strana. Tutti tranne te.” Abbassò gli occhi. “Ma non c’eri sempre. E così mi sono rifugiata nei libri. Paolo, i libri mi hanno tenuta in piedi. Non mi hanno mai abbandonato. Non ti possono tradire, ci sono sempre. Sono quegli amici magici che ti aspettano sempre sulla libreria, che risvegliano un sentimento di assoluta proprietà. Un libro diventa classico perché non viene più dimenticato. Gli amici e gli amori, beh, la maggior parte vanno e vengono! Ma, secondo te, come mai, dopo quasi duecento anni, leggi “I Promessi Sposi”?”                                                                      
“Di Manzoni” non poté fare a meno di completare la citazione Paolo. Con questo suo intervento, Laura, come risvegliata, rise e si alzò. “Esatto! Senti, che ne dici di mangiare?” I due tornarono nella sezione ragazzi e lì, chiacchierando, “cenarono”. Non si parlò più di argomenti tristi. Tuttavia, mentre Laura si addormentò, Paolo non poté fare a meno di ripensare a tutto ciò che lei aveva detto. Non era mai stato appassionato di letteratura. La considerava una perdita di tempo, noiosa. Ma Laura non mentiva mai. E … e se davvero un libro potesse cambiarti la vita. Mentre si rigirava nella poltrona, sospirò. Forse doveva dare una possibilità alle storie e ai racconti. Si guardò intorno: le pile di volumi selezionati per lui da Laura erano ancora lì. Si avvicinò circospetto. Afferrò il primo libro che trovò. “Il Signore degli Anelli”, di Tolkien bisbigliò leggendo il titolo. Lo aprì con riluttanza, accarezzando le pagine un po’ ingiallite. Lesse le prime pagine con attenzione. Tuttavia dovette fermarsi a cercare di capire il significato. Per una volta, non mollò al primo tentativo. Quando Laura si risvegliò la prima cosa che fece fu guardare l’orologio da parete appeso sopra la finestra: le quattro in punto. Alzò le braccia per stiracchiarsi, ma fu distratta dal rumore di una mano che sfogliava una pagina. Nel silenzio, si sarebbe sentito un pensiero! Si alzò delicatamente e, in punta di piedi, sbirciò da dietro uno scaffale. Quello che vide la lasciò a bocca aperta! Paolo, seduto a gambe incrociate e con un libro in versione mattone fra le mani, leggeva con attenzione. Il suo sguardo seguiva veloce le parole, i suoi occhi brillavano di curiosità e interesse. Nemmeno una bomba sarebbe riuscita a distrarlo. Perciò Laura decise che non l’avrebbe fatto lei. Le dispiacque pensare che, tre ore dopo, tutto sarebbe finito. ‘No’ rifletté ‘Ho visto la sua espressione. Serena. Paolo non sarà più quello di prima, perché ha capito che il migliore amico che si può avere è un libro.
Tornò a rannicchiarsi sul divanetto e ricadde nel sonno, stavolta con un sorriso sulle labbra.


domenica 12 marzo 2017

IL TESORO DI ASHANTI

Questo è il secondo racconto giunto al concorso SMART WRITING.
CONTINUATE A RISPONDERE - QUI A FIANCO - SE VOLETE FAR PARTE DELLA GIURIA CHE DESIGNERÀ IL VINCITORE!!! 


Quello che i suoi corsi di letteratura e cultura africana alla SOAS di Londra e la sua inseparabile Rough Guide non le avevano insegnato, Isabel lo apprese presto da sé in una sorta di corso accelerato, e la prima lezione la ebbe non appena mise piede alla stazione degli autobus della leggendaria città di Kumasi, nell'antico e glorioso regno degli Ashanti, dopo un lungo, soffocante ed estenuante viaggio iniziato parecchie ore prima all’alba ad Accra, con tante fantasie in testa, la maglietta ancora stirata e la lunga treccia di capelli castani ancora lucida e ben ordinata. La sua avventura a onor del vero era partita tre giorni addietro, quando in un pomeriggio di fine luglio, Isabel aveva lasciato l’aeroporto di Bologna zaino in spalla e visto fresco fresco sul passaporto per coronare il suo sogno  – dopo tanti studi e una tesi di laurea sulla letteratura africana postcoloniale di lingua inglese– di poter finalmente metter piede in terra d’Africa.

Tra tutte le raccomandazioni che le avevano fatto prima della partenza ma che Isabel non aveva ascoltato, c’era quella di non salire sui tro-tro, pulmini popolari e così economici che i pezzi di lamiera che ne componevano la fantasiosa carrozzeria erano spesso tenuti insieme da corde, nastri adesivi o dai passeggeri stessi, stipati gli uni sugli altri –nessuno di quei mezzi di locomozione si sposta fino a che l’ultimo centimetro cubo non è stato occupato– in una mescolanza unica di colori, suoni e odori. I tro-tro potevano andare bene per gli spostamenti brevi o per la gente del posto, le avevano raccomandato nella capitale, ma per lunghe distanze meglio affidarsi agli autobus nazionali o ai treni che prendono gli uomini d’affari e tutti gli occidentali, più costosi ma più rapidi e sicuri soprattutto per una straniera come lei, sola, donna e persino bianca, che avrebbe fatto meglio ad andare ad abbronzarsi in Grecia con le amiche di corso. Lei invece, neanche a dirlo, aveva pensato che quei mezzi così pittoreschi sarebbero stati il suo primo contatto vero e diretto con i “locali”, e di certo aveva avuto quel che cercava nelle lunghe ore trascorse seduta su una panca di legno senza appigli a cui reggersi, ma da cui non avrebbe potuto in alcun modo cadere nemmeno alle buche più profonde della strada o alle svolte più brusche del conducente per mancanza di spazio tutt’attorno, stretta vigorosamente com’era da una giovane donna con due bellissime bambine piene di mosche e treccine sulle ginocchia da un lato e un’anziana signora senza denti e la sua belante capra in grembo dall’altro.

Alla stazione di Kumasi Isabel faticò a ri-distendere le giunture doloranti e appena scesa dal tro-tro respirò a pieni polmoni quell’aria un po’ polverosa di un pomeriggio afoso e senza sole - anche questo le avevano detto, che di quel periodo si andava verso la stagione delle piogge e il cielo sarebbe stato spesso coperto e quasi opprimente, ma lei stentava a crederlo e comunque di certo la sua pelle diafana ne avrebbe tratto riparo e giovamento. Non ebbe nemmeno il tempo di inspirare a fondo che già le si era radunato tutt’attorno un capannello ilare e chiassoso di marmocchi e ragazzini che le davano festosamente il benvenuto al suono, già divenuto in quei pochi giorni a lei familiare, di obroni a kwaaba (benvenuta ragazza bianca), e che tra risa e schiamazzi si rimbalzavano l’un l’altro il bagaglio che più in fretta di lei avevano recuperato dal pulmino. Fu allora che intervenne Cosby, di appena una spanna più alto dei compagni ma di certo più assennato e abituato ad avere a che fare con stranieri, e soprattutto con indifese pallide straniere, che con qualche incomprensibile richiamo, sibilante fischio e scappellotto ben piazzato, mise in fuga quell’improvvisato comitato d’accoglienza e restituì lo zaino ad Isabel, il tutto senza proferire parola e senza che lei dimostrasse in alcun modo di esserne la proprietaria, ma d'altronde di chi altri poteva essere quello zaino ferrino di un lilla e rosa fiammante legato sul tetto di un tro-tro nel cuore del Ghana?

Da allora Cosby divenne la sua ombra e la sua guida, il suo cicerone e protettore al tempo stesso, in effetti senza che lei glielo avesse chiesto, ma da quel primo approccio non ci fu più modo di toglierselo di torno e per la verità a lei non dispiacque avere un intermediario locale che parlava anche un po’ di inglese e si dimostrava così carino e cavaliere con lei, e che a mali estremi avrebbe anche potuto farle da guardia del corpo. Cosby la accompagnò in una prima passeggiata esplorativa di Kumasi, tra le sue vie in parte asfaltate ma in gran parte ancora di terra rossa battuta e i resti di architettura coloniale disseminati tra le capanne di fango e lamiera. Ma più della calura e della varietà urbanistica, Isabel rimase colpita da quel brulicare di persone così frenetico e vitale, da quella città così caotica e gremita di gente che correva come formiche impazzite. La sua Rough Guide diceva in effetti che sparsi sulle colline c’erano più di un milione di abitanti, ma a giudicare dalla densità umana delle vie che stava percorrendo scortata dal suo nuovo e ormai inseparabile amico, pareva che quel giorno fossero scesi tutti a valle ad aspettare il suo arrivo.

Ma il vero tesoro degli Ashanti Isabel lo trovò dove meno si sarebbe aspettata di trovarlo. Dopo quella prima passeggiata esplorativa, Cosby la prese per mano e accelerando il passo la condusse in un altro luogo a lui ben noto e familiare, il mercato centrale della città, un’enorme distesa di merce d’ogni sorta, da frutta e verdura variopinte a pezzi di ricambio di auto, da spezie multicolori a lingue e teste di scimmia, da vestiti e scarpe di marchi europei contraffatti fino all’artigianato tradizionale e agli abiti di prezioso e raffinato tessuto Kente, così sontuoso e sgargiante da essere anche molto costoso se fabbricato con la seta. “Quello di Kumasi è il mercato più grande dell’intero Ghana e uno dei più grandi d’Africa” diceva la Rough Guide che Isabel consultava sempre più a fatica mentre la sua guida in carne ed ossa la strattonava tra banchi e ambulanti disposti in maniera casuale e sovraffollata, costringendola ad un certo punto a chiudere quel grosso tomo e riporlo nello zaino, e ad affidarsi d'ora in poi unicamente ai suoi sensi. E davvero tutti i suoi sensi, nessuno escluso, rimasero rimasero travolti ed estasiati da quell'immersione tutta d'un fiato in quel mercato nel cuore dell'Africa, tra un popolo millenario e fiero, i cui sorrisi, saluti e schiamazzi rappresentavano la merce più preziosa e il tesoro più impagabile e che la fece in un baleno sentire accolta e "a casa" al suono cantilenato e ovunque gioiosamente ripetuto di obroni a kwaaba .

giovedì 9 marzo 2017

DIVIDE ET IMPERA OGGI PIU' DI ALLORA

Iniziamo oggi la pubblicazione dei racconti che hanno partecipato a SMART WRITING.
Vorremmo che foste voi lettori a designare il racconto vincitore, cosa ne dite? RISPONDETE AL SONDAGGIO


DIVIDE ET IMPERA OGGI PIÙ DI ALLORA.



Nonno come stai?”
“Come un vecchio di novant’anni! Dimmi tu piuttosto?”
“Io? Come un quarantenne nel paese del cazzeggio! Ho dovuto chiudere la mia attività e non trovo uno straccio di
lavoro, ma la salute va bene.”
“Ogni generazione affronta le proprie difficoltà!”
“Tu nonno sei passato anche sotto la dittatura….”
“Perché pensi sia cambiato qualcosa? Ai miei tempi non potevamo parlare, oggi parla, parla e vedi chi ti ascolta!”
“Ora però abbiamo internet! Attraverso la rete le informazioni viaggiano raggiungendo tutti, siamo più informati, coscienti di cosa succede e c’è molta rabbia in giro. Presto o tardi qualcosa dovrà succedere.”
Il vecchio fa una piccola risata sarcastica.
“Io non conosco bene quello di cui tu parli, tuttavia pensi veramente che chi ha creato questa cosa non la sappia sfruttare meglio di chi la usa? Sei veramente sicuro che tutti i leoni che ruggiscono attraverso i computer siano realmente quello che dicono? E anche se lo fossero sarebbero capaci di far seguire azioni concrete alle loro parole? Hanno paura di Mussolini ancora oggi dopo più di 70 anni che è morto. Se non veniva l’occupazione americana….”
“Ma nonno gli americani ci hanno liberato!”
“Nipote mio, non sempre chi ti tira fuori dalla merda lo fa perché ti vuole bene!”
Attimi di silenzio, poi l’anziano:
“I grandi poteri economici sovranazionali dirigono a loro piacimento le politiche dei vari paesi. Nel nostro poi hanno trovato un humus particolare. Grazie all’intera vecchia classe politica, che per generazioni ha distrutto sistematicamente ogni cosa dove ha messo le mani. Manovrati dai suddetti, coscientemente e non, facendo i loro interessi e preoccupandosi solo di allargare il consenso per avere sempre maggiori ritorni personali infischiandosene di una pianificazione seria per il futuro del paese. Buttando di fatto nel cesso il domani delle nuove generazioni. Sapendo benissimo che un popolo unito può essere una brutta bestia, ma diviso diviene mansueto e facilmente controllabile. Hanno applicato magistralmente, in questa bella
repubbli delle banane, una vecchia lezione dei nostri antichi avi: divide et impera!”
Fa una breve pausa, poi riprende.
“Troppa gente vive comodamente all’ombra di questo sistema in un vasto ed intricato sottobosco di privilegi e prebende. Poi ci sono i ricchi, per nulla attaccati dalla crisi anzi addirittura hanno perfino aumentato il loro benessere. Nessuno di questi ha interesse a cambiare la situazione. Tutto sommato però il grosso della popolazione è concentrato nella classe media, volutamente falcidiata e sistematicamente distrutta perché divisa in mille rivoli. Gli autonomi contro gli operai, i titolari di partite iva calunniati come evasori, mentre gli operai sono sfruttati ed i sindacati ci inzuppano il pane a braccetto con la politica. Gli ordini professionali considerati come centri di privilegi e le piccole produzioni locali visti come nemici della società. Perfino i
pensionati sono divisi: tra i poveri minimi indifesi e continuamente vessati, poi via via salendo la scala su verso i più fortunati fino all’olimpo dei vitalizi! Una guerra tra poveri e mentre ci fanno scannare si consumano le piccole tragedie quotidiane, gente lasciata sola senza più dignità si suicida piuttosto che sopportare la vergogna. Altri scivolano silenti nella povertà più assoluta divenendo di fatto degli invisibili, barboni che campano alla giornata raccattando un pasto come possono e dormendo in ripari di fortuna. Altra categoria privilegiata sono i disonesti e delinquenti di ogni razza e risma. Le eccelse guide della nazione, oltre ad appartenere ampiamente alla categoria, sanno benissimo che sarebbero i primi a ribellarsi ed allora li tengono buoni rispondendo con la costante ritirata dello stato nel garantire la giustizia agli onesti. Anzi ne stanno importando massicciamente come futuro serbatoio di consensi per rimpiazzare i vuoti creati dalla diserzione dei cittadini. Trascurando però un particolare importante, i nuovi venuti non sono pecoroni ammansiti, ma cani rabbiosi pronti a mordere la mano del padrone non appena ne avranno la possibilità. Hanno sostituito il circo con il calcio ed il pane con i ristoranti ma per il resto la sostanza quella è.”
“Come si potrebbe fermare tutto questo?”
“La gente comune deve rimboccarsi le maniche e riprendere in mano l’amministrazione della cosa pubblica. Portare fuori dalle segrete stanze dei palazzi i loschi inciuci ed esercitare la democrazia, quella vera, nelle pubbliche piazze. Che sia il popolo stesso investito a prendere le importanti decisioni che riguarderanno il proprio futuro. Con le diavolerie moderne non dovrebbe essere poi così difficile, le difficoltà vere stanno nello smuovere gli animi e nello scardinare questo sistema di potere dove i pochi controllano le moltitudini.”
“Nonno, la tua è una soluzione fantastica!”
“No nipote mio, è solo la visione di un vecchio stanco. Ieri come oggi e anche domani sempre il divide et impera dominerà questo popolo.”


martedì 7 marzo 2017

CATALDO ZAFFORA

Per la rubrica LETTERATURA LOCALE diamo spazio ad uno scrittore siciliano che, nel nuovo romanzo, mette in risalto la bellezza della sua terra.
La maggior parte della storia è ambientata a Caltanissetta, la città natale dell'autore. L'epoca dello svolgimento dei fatti è il fascismo e il dopoguerra....
Siete curiosi?
Qui sotto troverete ulteriori dettagli scritti da Cataldo Zaffora.



Titolo del libro:

Il mortale oltraggio



Autore:

Cataldo Zaffora






Breve sintesi:

Perché Enza, sposa amorevole, si rifiuta al marito reduce dalla prigionia anglo- americana? Cosa conduce Giorgio ad odiarsi fino allestremo atto? Quando Michele si rende conto del tormento vissuto da Enza? Una affascinante storia d’amore e di odio in una cittadina perbenista, ma mai per bene. Un bell’affresco di unepoca buia, di un Regime corrotto e corrompente, di una provincia povera in tutte le accezioni del termine. Un Romanzo da legger dun fiato



Bibliografia Cataldo Zaffora


1)   UOMINI DAPPOCO – ROMANZO - ISBN 9788896703335 – CSA EDITRICE – CASTELLANA GROTTE – 2010


2)   IL MORTALE OLTRAGGIO - ROMANZO - ISBN 9786050402919 – Steetlib selfpublishing  -  2015


3)   IL TRITONE LETTERATO – ZIBALDONE – ISBN 9791220013079 -  Auto- pubblicazione - 2016